La decadenza automatica degli incentivi FER è legittima?

Pubblicato su Nextville.it il 12 febbraio 2019

Secondo il TAR Lecce, la decadenza dei benefici in presenza di dichiarazioni non veritiere è contraria alla Costituzione. Si apre così uno spiraglio interessante per gli i produttori di energia da fonti rinnovabili.

Questo articolo:
• Descrive l’ordinanza del TAR Lecce
• Chiarisce l’importanza dell’ordinanza per il settore delle rinnovabili
• Contiene un focus sulle decurtazioni percentuali dell’incentivo
• Avanza un suggerimento sull’eventuale via da percorrere

Arriva in Corte Costituzionale (Ordinanza n. 2/2019) la questione di legittimità sollevata dal TAR Lecce che ritiene la decadenza automatica dai benefici in presenza di dichiarazioni non veritiere. Si apre così uno spiraglio interessante per i produttori di energia da fonti rinnovabili che, incolpevolmente, hanno fornito al GSE dichiarazioni non veritiere, finora sanzionati (con la decadenza dagli incentivi) senza tener conto dell’elemento soggettivo.

L’ordinanza del TAR Lecce

Il TAR Lecce, con l’Ordinanza 17 settembre 2018, n. 1346, ha sollevato la questione di legittimità costituzionale sull’articolo 75 del Dpr n. 445/2000 (testo unico sulla documentazione amministrativa), perché prevede la decadenza automatica dai benefici per le ipotesi di dichiarazioni non veritiere, senza indagare la colpa o il dolo del soggetto che ha fornito la dichiarazione.

La decadenza automatica non lascia spazio ad alcuna indagine sulla volontarietà o della ingenuità del dichiarante nel rendere la dichiarazione e, quindi, secondo il TAR, sarebbe irragionevole e contraria al principio di proporzionalità.

Il TAR osserva, in particolare, che l’illegittimità costituzionale della disposizione risiederebbe anzitutto nel meccanismo automatico della decadenza, che è del tutto “slegato” dalla fattispecie concreta, nell’assoluta rigidità applicativa della norma che:

– da un lato impone la decadenza dal beneficio (o l’impedimento al conseguimento dello stesso), a prescindere dall’effettiva gravità del fatto contestato

– e dall’altro non consente di valutare l’elemento soggettivo: dolo (la c.d. coscienza e volontà di modificare il vero) oppure colpa, grave o meno (nell’ipotesi di fatto dovuto a mera leggerezza o negligenza dell’agente).

L’articolo 75 non ha solo lo scopo di rendere più efficiente ed efficace l’azione dell’Amministrazione pubblica: è anche finalizzato a garantire i diritti costituzionali dei soggetti coinvolti nel procedimento amministrativo nell’ambito del quale sono state rese le autodichiarazioni. Ad esempio il diritto di iniziativa economica privata (articolo 41 Costituzione, come nel caso dell’attività economica di produzione dell’energia). Ma se si applica automaticamente e rigidamente una disposizione, in concreto, si rischia di ledere l’equilibrio fra le diverse esigenze in gioco, e addirittura pregiudicare definitivamente proprio quei diritti costituzionali del singolo alla cui migliore e più rapida realizzazione la norma di semplificazione è, in definitiva, finalizzata.

Perché l’ordinanza è interessante per gli impianti a fonti rinnovabili?

L’articolo 75 del Dpr n. 445/2000 ha struttura analoga all’articolo 42 del Dlgs n. 28/2011 sui controlli e sanzioni in materia di incentivi, che assegna al GSE il potere di disporre la decadenza (ovvero, la decurtazione percentuale, in certe ipotesi) degli incentivi, nel caso in cui le violazioni riscontrate nell’ambito dei controlli siano rilevanti.

Si tratta, di fatto, di una decadenza automatica, perché il GSE, ancora oggi, non svolge un’indagine concreta sulla rilevanza della violazione ai fini dell’erogazione degli incentivi. Ciò accade nonostante il Consiglio di Stato, nel 2016 con sentenza n. 2006/2016, abbia espressamente chiarito che dall’articolo 42 non può ricavarsi “una sorta di automatismo tra la presentazione di dati o documenti … non veritieri, da parte del soggetto istante e la decadenza dello stesso dalle tariffe incentivanti” ma che, al contrario, la disciplina richiamata impone al GSE di effettuare “una apposita valutazione … sulla rilevanza delle violazioni e non procedere direttamente e automaticamente … alla decadenza … dagli incentivi e al recupero delle somme eventualmente già erogate”. Il Consiglio di Stato, inoltre, afferma che la decadenza non potrebbe essere legittimamente disposta nel caso in cui “la non veridicità dei dati sia dipesa da un errore formale – tra l’altro, nemmeno commesso dall’istante” (per maggiori informazioni su questo aspetto, si veda il nostro approfondimento).

Se la Corte Costituzionale dovesse dichiarare l’illegittimità costituzionale dell’articolo 75, i produttori di energia avranno nuove armi a disposizione per contrastare le decadenze automatiche disposte dal GSE.

Perché l’ordinanza è interessante anche per le ipotesi di decurtazione percentuale degli incentivi?

La legge n. 205/2017 (articolo 1, comma 960, lettera a) ha modificato il richiamato articolo 42 del Dlgs n. 28/2011, introducendo la decurtazione tra il 20% e l’80% dell’incentivo al posto della decadenza per la generalità degli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili in caso di accertamento di violazioni rilevanti (per maggiori informazioni vedi nostro approfondimento).

A una prima analisi di tale “sanatoria” del 2017, è subito emerso che essa difficilmente avrebbe potuto porre un ragionevole rimedio alla diffusa situazione decadenziale, prevedendo una percentuale di decurtazione troppo alta.

Così, lo scorso gennaio, veniva approvato un emendamento al c.d. “decreto semplificazioni” con cui era stabilita una riduzione della forbice di decurtazione degli incentivi dall’attuale 20%-80% al 10%-50% per le violazioni rilevanti nei procedimenti di erogazione degli incentivi alle fonti rinnovabili. Tuttavia, l’emendamento, prima di approdare in Aula è stato dichiarato improponibile dalla Presidenza del Senato (per maggiori informazioni, si veda il nostro approfondimento).

Occorre, inoltre, segnalare che, a oggi, manca ancora il decreto ministeriale di riferimento che dovrebbe indicare quali violazioni rilevanti accedono alla decurtazione (anziché comportare la decadenza), nonché le relative percentuali di riduzione.

Il decreto in questione potrebbe costituire lo strumento per dare il corretto risalto all’elemento psicologico del soggetto che incolpevolmente ha commesso le violazioni rilevanti o che, in buona fede, ha acquisito gli impianti in relazione a cui terze parti hanno commesso violazioni.

Ma quale sarebbe la via da percorrere?

Al fine di garantire la proporzionalità della disciplina, riteniamo, infatti che tale decreto dovrebbe introdurre una tutela per i “terzi acquirenti di buona fede”, ovverosia per quei soggetti che, successivamente alla data in cui è stata commessa la violazione, abbiano acquisito la titolarità dell’impianto subentrando al precedente titolare nella qualifica di “soggetto responsabile”.

L’estraneità del soggetto acquirente rispetto alla dichiarazione non veritiera e la sua buona fede (che andrà dimostrata) nell’acquisto, giustifica senz’altro l’applicazione di una percentuale di riduzione inferiore rispetto al caso in cui il soggetto titolare sia anche colui il quale ha reso la dichiarazione non veritiera. Ciò sarebbe in linea con lo scopo della disciplina di decurtazione percentuale sopra accennata, diretta a salvaguardare la sopravvivenza degli impianti alimentati da fonti rinnovabili, molti dei quali hanno formato e formano oggetto di trasferimento nei confronti di terzi, investitori nazionali e stranieri, inconsapevoli, nonostante le cautele adottate, delle violazioni commesse dai loro predecessori.

Abbiamo tutti presente l’immenso danno che la situazione di incertezza normativa e applicativa sta comportando nel settore FER all’Italia. L’insicurezza per gli investitori è uno dei principali motivi di disaffezione per il nostro Paese. La Corte Costituzionale ha adesso modo di tutelare gli operatori in buonafede.

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