Decurtazioni incentivi GSE, una soluzione con qualche eccesso

Pubblicato su Nextville.it il 23 gennaio 2018

In attesa del decreto che dovrà individuare le tipologie di violazioni, analizziamo da vicino la disposizione introdotta dalla Legge di bilancio 2018 per sanare la diffusa irregolarità in cui, loro malgrado, versano innumerevoli impianti FER.

Durante la scorsa estate abbiamo assistito a parziali interventi normativi che avevano introdotto forme di “sanatoria” per specifiche tipologie di irregolarità riguardanti i soli impianti fotovoltaici (articolo 57-quater, Legge 21 giugno 2017, n. 96 e articolo 1, comma 89, Legge 4 agosto 2017, n. 124). 

Alla fine del 2017, la disciplina sanzionatoria per le violazioni in materia di incentivi erogati dal GSE si arricchisce (e forse si completa?) con una previsione generale e applicabile indistintamente a tutti gli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili incentivati, contenuta nell’articolo 1 comma 960 della Legge 27 dicembre 2017 n. 205 (Legge di bilancio 2018).

La disposizione in questione modifica l’articolo 42 del Decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28 che, appunto, disciplina i “Controlli e sanzioni in materia di incentivi”, aggiungendo al comma 3 due periodi.

Il testo del comma 3 che complessivamente risulta dalla modifica è il seguente: “Nel caso in cui le violazioni riscontrate nell’ambito dei controlli di cui ai commi 1 e 2 siano rilevanti ai fini dell’erogazione degli incentivi, il GSE dispone il rigetto dell’istanza ovvero la decadenza dagli incentivi, nonché il recupero delle somme già erogate [testo del comma 3 previgente]. In deroga al periodo precedente, al fine di salvaguardare la produzione di energia da fonti rinnovabili degli impianti che al momento dell’accertamento della violazione percepiscono incentivi, il GSE dispone la decurtazione dell’incentivo in misura ricompresa fra il 20 e l’80 per cento in ragione dell’entità della violazione. Nel caso in cui le violazioni siano spontaneamente denunciate dal soggetto responsabile al di fuori di un procedimento di verifica e controllo le decurtazioni sono ulteriormente ridotte di un terzo [testo aggiunto dalla recente Legge di Bilancio]”. Ai sensi della neo-introdotta lettera c-bis) del comma 5 dell’articolo 42, il Ministero dello sviluppo economico dovrà definire le violazioni che danno luogo a decurtazione dell’incentivo entro il termine di 6 mesi dall’entrata in vigore della norma. Termine che, come di consueto, non è perentorio.

Prima di entrare nel merito della disposizione sanzionatoria, occorre inquadrare brevemente la situazione generale che ha dato luogo a questa e alle precedenti modifiche.

Una diffusa situazione di irregolarità

Gli impianti che producono energia da fonti rinnovabili sono da tempo interessati da una diffusa situazione di irregolarità, anche e soprattutto di natura non rilevante ai fini dell’erogazione degli incentivi, che ha, nondimeno, legittimato l’adozione di provvedimenti di decadenza dagli incentivi. La descritta situazione di irregolarità, per larga parte, è stata causata dal complessivo stato di incertezza normativa, regolamentare e regolatoria che ha caratterizzato il settore negli ultimi anni e che ha costretto gli operatori a destreggiarsi tra una vera e propria schizofrenia normativa autorizzatoria regionale, spesso difforme dalla disciplina di principio nazionale, il rapido susseguirsi delle discipline incentivanti (si pensi ad esempio agli ultimi 3 “Conto energia” adottati in soli 2 anni e intramezzati dal provvedimento meglio noto come “salva Alcoa”) e le spesso non chiare Regole applicative adottate dal GSE. Tale stato di cose, accompagnato alla massiccia diffusione di impianti entro un arco temporale molto breve, ha dato vita a una quantità di iniziative energetiche che il GSE non è stato in grado di sottoporre a verifica sin dal momento dell’accesso ai meccanismi incentivanti e, quindi, in tempo utile per evitare il consolidarsi di legittime posizioni di affidamento circa la correttezza delle stesse. Nell’ultimo triennio il diminuito accesso agli incentivi ha consentito al GSE di destinare più risorse all’intensificazione dell’attività di verifica e controllo sugli impianti ormai già in esercizio, e ha portato alla dichiarazione di decadenza degli incentivi già concessi, anche a distanza di anni. In primo luogo ciò ha messo (e sta mettendo) a rischio la stessa esistenza di numerosi operatori energetici che stanno dichiarando il default. In secondo luogo ciò ha inevitabilmente comportato un massiccio aumento del relativo contenzioso, per lo più amministrativo, tanto che la maggior parte dell’attività giurisdizionale della sezione terza ter del Tribunale amministrativo regionale del Lazio (sezione Roma) è ormai dedicata al contenzioso tra operatori energetici e GSE.

Una soluzione con qualche eccesso

La soluzione a tale stato di cose non poteva che risiedere nell’approvazione di un provvedimento normativo – pare su proposta dello stesso GSE – che:

• mirasse a preservare l’esistenza e la continuità nell’esercizio degli impianti di produzione, al fine di rispettare gli impegni di derivazione europea (Pacchetto clima-energia 20-20-20) e internazionale (COP21) alla massima diffusione delle energie rinnovabili, 

• tendesse a salvaguardare le posizioni giuridiche degli operatori (anche e soprattutto del mercato secondario) che avevano fatto affidamento sulla legittimità dei provvedimenti di riconoscimento degli incentivi 

• e rispettasse il principio di proporzionalità, in modo tale da evitare che le irregolarità anche non rilevanti potessero condurre alla sanzione più grave della decadenza dagli incentivi.

Sul principio di proporzionalità, vale la pena ricordare che con la recente sentenza n. 51/2017, la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di alcuni articoli del Dlgs 28/2011, nella parte in cui avevano introdotto ipotesi di decadenza e di divieto di percezione degli incentivi che, da un lato, si ponevano in contrasto con la Legge delega che prevedeva unicamente sanzioni amministrative pecuniarie (comprese tra 150 € e 150.000 €), e dall’altro, non erano proporzionate poiché non graduabili (tra un minimo e un massimo), ma conseguivano automaticamente all’accertamento della irregolarità.

Analogamente, la Corte di Cassazione, con sentenza SS.UU. n. 9967/2017, ha confermato una precedente pronuncia del Consiglio di Stato (sezione IV, n. 2006/2016) che aveva annullato il provvedimento di decadenza dell’intero incentivo (tariffa base + premio) laddove, invece, l’irregolarità riscontrata atteneva unicamente al premio aggiuntivo alla tariffa base, con ciò valorizzando il principio di proporzionalità.

Esaminando più da vicino la disposizione introdotta dalla Legge di bilancio, essa effettivamente introduce una sanzione (la decurtazione dell’incentivo) che è graduabile tra un minimo (20%) e un massimo (80%) in ragione dell’entità della violazione ed è perciò, almeno sulla carta, rispettosa del principio di proporzionalità. Tuttavia, la misura massima della decurtazione pare francamente eccessiva. 

La norma che prevede la sanzione della decurtazione ha espressamente natura derogatoria rispetto a quella che prevede la decadenza.

Pertanto, si può affermare che in tutti i casi in cui il GSE dovesse accertare, in sede di verifica sugli impianti che percepiscono incentivi, l’esistenza di irregolarità, esso dovrebbe disporre la decurtazione dell’incentivo. Le violazioni che danno però luogo alla riduzione dell’incentivo dovranno essere predeterminate.

Un’occasione per ripensare la disciplina sui controlli

L’intervento con cui il Ministero dello sviluppo economico (su proposta del GSE) individuerà tali violazioni dovrebbe costituire l’occasione anche per rimeditare buona parte della disciplina dei controlli (Dm 31 gennaio 2014), sia con riguardo all’elenco delle sanzioni rilevanti ai fini dell’accesso agli incentivi contenuto nell’Allegato 1 al decreto (alcune delle quali paiono tutt’altro che “rilevanti”; ad esempio, l’indisponibilità della documentazione da conservare presso l’impianto, documentazione che, per inciso, gli operatori attendono che il GSE elenchi da ben 4 anni), sia con riguardo a fattispecie che assegnano al Gestore margini di discrezionalità troppo ampi e di dubbia legittimità, se letto alla luce sia del generale principio di tassatività, sia della novella legislativa. Ci si riferisce in particolare all’articolo 11 del citato Dm che prevede che, al di là delle fattispecie elencate nell’Allegato 1 “qualora il GSE rilevi violazioni, elusioni o inadempimenti cui consegua l’indebito accesso agli incentivi, dispone comunque il rigetto dell’istanza ovvero la decadenza dagli incentivi nonché l’integrale recupero delle somme eventualmente già erogate”.

Scomparirà la decadenza degli incentivi?

Quali sorti, quindi, per la sanzione della decadenza dagli incentivi? Non sarà più comminabile dal GSE? In verità, sembrano residuare fattispecie che potrebbero comunque condurre alla pronuncia di decadenza. Si tratta, ad esempio, di tutte le ipotesi in cui l’impianto sia carente del titolo abilitativo alla realizzazione e all’esercizio (in ipotesi, perché nullo, annullato con sentenza passata in giudicato, o ritirato dall’Amministrazione competente con provvedimento inoppugnabile).

Il ricorso all’autodenuncia

Infine, la disposizione in commento si applica alle violazioni rilevate in occasione dell’attività di verifica e controllo del GSE, ma all’operatore è altresì consentito ricorrere al ravvedimento operoso (già operante in diversi settori dell’ordinamento, primo fra tutti quello tributario) che permette di autodenunciare le irregolarità paventate, beneficiando di una riduzione (di un terzo) della sanzione. Il ricorso al ravvedimento operoso è utile nelle ipotesi in cui gli operatori dubitino oggi della perfetta conformità degli impianti, anche solo a causa dei mutamenti di orientamento amministrativo o giurisprudenziale sulla rilevanza delle irregolarità. Come si è brevemente delineato, infatti, il decorso del tempo (anche di anni) dal riconoscimento degli incentivi, che ha pur consolidato l’affidamento circa la legittimità del titolo incentivante, non mette da solo a riparo gli operatori dall’applicazione delle sanzioni incentivanti. Peraltro, il ravvedimento operoso protegge anche gli acquirenti degli impianti dal rischio di vedere vanificato il proprio investimento. Il mercato secondario sta oggi scontando il ritardo nell’esecuzione delle attività di controllo sugli impianti. Questi ultimi, infatti, sono stati acquisiti anche a distanza di molti anni dall’entrata in esercizio, senza che fosse mai stato posto in dubbio il diritto alla percezione degli incentivi e si trovano oggi (o potrebbero in futuro trovarsi) destinatari di provvedimenti di decadenza senza, tuttavia, esserne responsabili.

Il settore resta, ora, in attesa di conoscere le fattispecie che verranno sanzionate con la decurtazione dell’incentivo.

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